Tony Kushner ha ricevuto qualche giorno fa il Premio PUFFIN/NATION For Creative Citizenship che premia un artista il cui lavoro abbia una dimensione militante e di impatto sulla società e sulla politica. Chi meglio di Kushner, che da 30 anni è l'anima dei suoi tempi, lo sguardo critico della società americana e della modernità tout court? L'ho intervistato a New York dopo aver visto il suo ultimo, bellissimo lavoro teatrale, The Intelligent Homosexual Guide to Capitalism, Socialism with a Key to the Scriptures.
Che l’aria dei tempi risvegli spettri socialisti anche nel cuore dell’impero capitalista, gli Stati Uniti? C’è da chiederselo, da quando le ripetute crisi finanziarie sconvolgono la vita dei normali cittadini di Grecia, Islanda, Irlanda, Stati Uniti, Italia … nel nome del mercato, dei tassi d’interesse, del debito pubblico e delle agenzie di rating: il generale De Gaulle, non certo un uomo di sinistra, aveva visto sbagliato quando aveva detto seccato: “La politique de la France ne se fait pas à la corbeille”, ossia, la politica della Francia non si fa alla Borsa: la politica oggi si fa alla Borsa, o alle Banche Centrali: gli Stati si piegano a politiche di tutti i tipi, promettono riforme e cure di austerità per rassicurare i fantomatici “mercati” che travolgono i loro titoli in operazioni di speculazione che non hanno più niente a che fare con l’economia reale. Chi ha scelto questo mondo? Chi ha scelto questa economia? Nessuno ha votato il sistema dell’indebitamento pubblico, che è passato in 30 anni negli Stati Uniti e in Europa da una media del 25% del PIL nazionale a più del 70%. Perché dobbiamo riconoscerci in un mondo economico che non capiamo più, per cui non abbiamo votato e che non ci rispetta più? La sinistra liberal si limita a corregere i conti della destra e non si sogna di mettere in questione il fondamento del sistema economico contemporaneo. Ma c’è un’eredità del marxismo storico che i politici non vedono più, ossia: la coscienza: oggi forse non si parla più di coscienza di classe. Ma la coscienza di chi si è, il riconoscere il proprio ruolo nella società è essenziale perche la nostra vita sociale abbia senso. Non ci riconosciamo più nel mondo governato da meccanismi che non capiamo, non sappiamo più qual è il nostro posto.
Più o meno così mi dice Tony Kushner al telefono da New York. Kushner non è solo un intellettuale e un drammaturgo raffinato. E’ un interprete dei suoi tempi. La sua opera teatrale è lo specchio delle ansie, dei drammi collettivi delle ultime decadi. Nel 1993 vinse il premio Pulitzer per Angels in America: A Gay Fantasia on National Themes, sul flagello dell’AIDS nell’America reaganiana. Ebreo newyorkese, Kushner ha criticato spesso la politica di Israele nei confronti della Palestina, tanto da vedersi rifiutato all’ultimo minuto il dottorato honoris causa offertogli dall’università di CUNY a New York sotto la pressione della comunità ebraica. La cosa creò talmente scandalo questa primavera, che infine Cuny gli diede il titolo. Intervistato dopo la cerimonia, Kushner disse che mai un titolo di studio era stato così difficile da ottenere!
Oggi è in scena a New York la sua nuova creazione teatrale, The Intelligent Homosexual Guide to Capitalism and Socialism, with a key to the Scriptures. Il titolo è una doppia citazione del celebre pamphlet di George Bernard Shaw: The Intelligent Woman’s Guide to Socialism and Capitalism, scritto nel 1927, e di un libro meno conosciuto, ma che fu alla sua epoca uno dei più grandi best-sellers mai pubblicati, ossia il libro misticizzante di Mary Baker Eddy, Science and Health with a Key to the Scriptures, pubblicato nel 1875, una specie di manuale di self-help dell’epoca, con uno stile New Age ante litteram.
E’ la storia di un vecchio anarchico di origine italiana, Gus Marcantonio, iscritto al CPUSA, il partito comunista americano, che convoca i suoi tre figli nella sua casa di Brooklyn perché ha deciso di suicidarsi. Marcantonio non si riconosce più in questo mondo, si sente inutile, superato. Dopo una vita da operaio militante, tutto ciò che gli resta sono i suoi tre figli e la casa che, nel delirio del mercato immobiliare newyorkese degli ultimi anni, ha decuplicato di valore. Dato che conosce i problemi economici di ciascuno dei figli, la sua scelta è un modo di rendersi utile, lasciando in eredità la casa. La scena si svolge principalmente nella sala da pranzo della casa di famiglia, con Marcantonio, i tre figli, i compagni e gli ex-compagni dei figli, la zia suora laica…Tra politica, omosessualità ed eutanasia, la conversazione pian piano si colora, trasformandosi in un affresco dei tempi: dalla crisi finanziaria all’individualismo insano che ha rimosso qualsiasi senso di comunità dalla società americana. Ho chiesto a Tony Kushner di parlarmi di quest’aria dei tempi:
G.O. I tuoi lavori sono spesso il riflesso dell’era in cui viviamo. Mi chiedevo se avessi cominciato a lavorare a “The Intelligent Homosexual Guide” prima o dopo la crisi economica del 2008.
T.K. Ho dei periodi di gestazione molto lunga dei miei lavori teatrali. Ci ho messo più di dieci anni a scrivere Angels in America. The Intelligent Homosexual Guide l’avevo cominciato nel 2006, pensando a un romanzo più che a un’opera teatrale. Poi, nel 2007, mi sono reso conto che i dialoghi erano così lunghi che si adattava meglio al teatro. E’ stata concepita dunque prima della crisi, ma è andata in scena dopo, e ho dovuto adattare alcune parti dopo il collasso dell’economia. Certamente, i sintomi della crisi erano già tutti là: le fantasie sfrenate della magia del libero mercato: il concetto stesso di mercato “libero” è un nonsenso: l’economia è ciclica, la gente fa ben poche scelte, è trascinata in basso o in alto da forze che non controlla. Le teorie di economia politica dominanti negli States negli ultimi due decenni, sono state puro delirio, un ultraliberalismo che ha ridotto ai minimi termini uno Stato già inesistente, senza pensare che lo Stato non è solo un erogatore di servizi, ma un bene comune, una comunità di pari. Invece le differenze economiche e sociali non si sono mai così accentuate. Siamo vissuti in una sacralizzazione psicotica del concetto di individuo contro quello di collettivo. Ma se non hai una comunità, una classe che ti riconosce, sei semplicemente rimosso dalla storia.
G.O. E’ una considerazione molto marxista. Ti consideri un socialista?
Non lo so esattamente. Mi sono sempre considerato un liberal di sinistra. Da giovane ho militato in movimenti contro la guerra del Vietnam e contro la politica americana in Israele. Il socialismo e il comunismo non sono opzioni possibili negli Stati Uniti, come lo sono state in Europa e in altre regioni del mondo. Se chiedi a qualcuno per strada cosa vuol dire “Comunismo”, ti risponde che vuol dire “Dittatura”. Eppure, la reazione del governo americano durante la crisi del 2008, è stata una reazione socialista: lo stato ha pagato miliardi per salvare le banche. In America abbiamo oggi il peggio del socialismo (l’intervento pubblico in difesa di un’economia falsa e malata) e il peggio del capitalismo (un pensiero selvaggio di auto-preservazione egoista contro qualsiasi logica sociale e collettiva).
Sono convinto però che oggi abbiamo bisogno di alcuni concetti marxisti. Per esempio, l’idea di egemonia culturale del vostro Antonio Gramsci non è mai stata così attuale, perché si applica alle nostre democrazie. Gramsci parla di egemonia culturale quando una classe sociale riesce a dominare una società culturalmente differenziata e imporre un paradigma unico di pensiero, di valori e di cultura che diventa pian piano una norma sociale o una lente indispensabile per leggere il mondo, ossia, un’ideologia dominante che non ci permette più di guardare il mondo con occhi diversi. Mai più di ora, con la fine delle grandi opposizioni ideologiche tra Est e Ovest, ci sentiamo prigionieri di un pensiero dominante dal quale non si può più uscire, come se fosse una necessità naturale: il libero mercato. Gramsci è attuale, perché il risveglio passerà per la presa di coscienza che il mondo descritto dal libero mercato, con quegli individui egoisti, affaristi e perennemente interessati, non è l’unico mondo possibile: in quell’umanità schiava della propria logica di accumulazione, noi non ci riconosciamo più. Gli intellettuali oggi devono dare voce a quell’assenza di riconoscimento: come diceva Gramsci, devono essere “organici”, saper parlare delle ansie collettive, delle rabbie, delle insofferenze che la cultura dominante nasconde. E’ quello che cerco di fare nel mio lavoro.
G.O. Gramsci è italiano. Anche il protagonista di The Intelligent Homosexual Guide è di origine italiana…
Infatti. L’italia ha avuto una storia di pensiero politico molto più interessante di quel che si conosce normalmente negli Stati Uniti. L’emigrazione italiana della fine del XIX secolo non ha generato solo Mafia e padrini, come Hollywood ci ha insegnato a credere. Parte degli emigranti italiani erano anarchici, e portarono in America idee nuove e progressiste. Il fascino dell’anarchia rispetto al comunismo è che difende l’autonomia dei soggetti. Quel che cerchiamo oggi è un mondo di individui autonomi e responsabili, che siano padroni delle proprie scelte e non schiacciati dalle forze della storia, dell’economia e delle egemonie culturali. Il padre di Gus Marcantonio nella mia opera, è un anarchico italiano del gruppo di Paterson, in New Jersey. Gli italiani a Paterson erano quasi tutti lavoratori del tessile, data la florida industria della seta nella cittadina del New Jersey. Anarchici convinti, portarono in America le idee di Errico Malatesta, di Kropotkin e di Bakunin. Fondarono una rivista importante, La questione sociale, di cui Gaetano Bresci, l’uccisore di Umberto I, anch’egli anarchico emigrato a Paterson dalla Toscana, fu uno dei principali animatori. Nella storia, mi immagino alla fine che tra le eredità che lascia Gus Marcantonio, c’è una valigia, nascosta nel muro della casa: la valigia, dimenticata per gran parte della scena, sulla tavola, tra discussioni infinite della famiglia, contiene lo stemma del Partito Comunista Americano, bandierine, copie dei primi del Novecento della rivista La Questione Sociale, e la pistola, usata da Gaetano Bresci per uccidere il re d’Italia. Anche se non andò proprio così, è vero che Bresci fu mandato a compiere il regicidio dal gruppo di anarchici di Paterson, che gli pagarono il viaggio ed erano d’accordo con l’operazione. Mi sono immaginato quella valigia come un’eredità di ideali del padre, ormai chiusi in un muro il cui unico valore è il suo costo al metro quadrato.
G.O. Perché il riferimento a George Bernard Shaw nel titolo?
Beh, dopo questa conversazione dovrebbe essere ovvio: Shaw è stato uno dei grandi critici del capitalismo, il suo The Intelligent Women’s Guide to Socialism è un pamphlet di un “socialista anti-sociale”, come si definiva lui, in cui la condanna al capitalismo come fonte massima di ingiustizia sociale e di intolleranza tra i popoli è espressa in modo più evidente. Noi ci siamo bevuti troppo a lungo l’ideologia secondo la quale il libero mercato creava libertà globale, nuove opportunità do scambio e di incontro. Il libero mercato ha creato differenze socio-economiche enormi tra i cittadini di uno stesso paese e tra paesi, e una guerra strisciante e permanente tra potenze economiche. Shaw denunciava tutto ciò nel 1928, e denunciava anche i rischi di correzione del sistema capitalistico in chiave autoritaria. In questo fu profetico.
A proposito di profeti, due dei personaggi del tuo dramma sono religiosi…I compagni omosessuali di due dei figli, sono entrambi predicatori cristiani Perché il riferimento alla religione, alle Scritture, al libro di Mary Baker Eddy?
Perché è una storia di spettri del passato, di suicidio come ultima dimensione che dia senso alla vita, di bisogno insomma di immaterialità in una società crassa, ubriaca e sommersa dal materialismo. La valigia di Marcantonio nel muro, con i parafernalia del Partito Comunista, è uno spettro, così come la valigia che entra in scena alla fine del dramma, piena dei medicinali che Marcantonio forse userà (ma la storia non lo dice) per la sua eutanasia: lo spettro della morte, di una morte assunta come scelta. Mary Baker parlava di dialettica tra materiale e immateriale nel suo libro. Anche Hegel parlava di dialettica tra materia ed essenza. Ho cercato di evocare questo disperato bisogno di immateriale che la religione non esaurisce assolutamente, ma di cui la religiosità forsennata di questi anni è un’espressione. C’è immaterialità nella cultura, nelle idee, nelle tradizioni, nell’empatia, nell’amore. C’è immaterialità anche nella morte, e nella scelta di morire, come ultimo gesto di libertà, di sospensione dalla macchina materiale che ci assoggetta.