Assorta nei miei pensieri durante un’interminabile sessione pomeridiana di un recente convegno, rifletto sulla saga di Star Wars, il mio film preferito. Ecco la chiave filosofica di quella mia passione cinematografica : siamo uomini del pleistocene, con istituzioni medievali e tecnologie futuriste ! Mi guardo attorno : gli astanti fanno fatica a tenere gli occhi aperti, vittime della stanchezza animale della digestione del pranzo consumato a mezzogiorno. Il rito delle presentazioni Power Point va avanti spietato : i conferenzieri si alternano sulla scena, davanti agli occhi vacui e a mezz’asta del pubblico. L’atmosfera è pesante, manca l’aria, la noia insopportabile. Ad un tratto, un sussulto : il pubblico si accende davanti allo scorrere di un video. Ma la scossa è breve e il sonno ripiomba rapidamente sulla platea. Alla pausa caffé i partecipanti si rianimano, si inseguono l’un l’altro, si scambiano biglietti da visita. Le conversazioni sono concitate, non bisogna perdere nemmeno un istante perché dopo saremo riassorbiti dal rito medievale della pubblica declamazione e non potremmo più scambiare nemmeno un sorriso.
Rientro in sala affranta all’idea di altre due ore di oratoria. Accendo il computer per restare sveglia, ed ecco che si apre una breccia di speranza: la connessione WiFi funziona! Comincio freneticamente a potenziare il mio ascolto: cerco on line informazioni su quello che l'oratore americano racconta, apro i siti che sta mostrando, insomma, sono viva di nuovo, e partecipo attivamente alla creazione di un sapere realmente condiviso. E, dato che immagino che il professore in questione una connessione ce l’abbia anche nel suo ufficio, mi chiedo: perché abbiamo fatto complessivamente più di seimila kilometri ad altissimo costo per trasmetterci informazioni che avremmo potuto scambiarci istantaneamente e a costo zero seduti nelle comode poltrone dei nostri uffici? Di colpo una certezza mi assale, il disincanto epistemologico è inevitabile: il convegno accademico non ha più alcun senso. E’ il sopravvivere di un antico rituale a mezzi tecnologici che ne hanno spazzato via ogni funzione, o quasi.
Ogni innovazione tecnologica mette in questione legittimazioni istituzionali esistenti. L’invenzione della stampa, e la conseguente diffusione della Bibbia stampata nel XV secolo, misero in questione il monopolio della Chiesa sulle sacre scritture, partecipando così all’avvento della Riforma. Un cambiamento di formato nella produzione e nella diffusione del sapere può rendere evidente l’obsolescenza di un’istituzione la cui funzione era stata proprio fino a quel momento di produrre e diffondere quel sapere. Così è successo per i convegni nell’era di Internet. Più del 60% del budget della Commissione Europea per la ricerca in scienze umane è consumato per viaggi e rimborsi di hotel : una mostruosa agenzia di viaggi che assorbe come un buco nero i fondi destinati alla ricerca. Il tempo allocato ad ogni intervento è comunque troppo poco, la comunicazione spesso difettosa, la sottodeterminazione tra la succinta presentazione e l’effettivo contenuto della ricerca immensa. La sessione di domande è quasi sempre mal gestita : la timida studentessa esita ad alzare la mano davanti al vecchio collega dell’oratore che si concede il solito show polemico. Le domande vengono fraintese, le risposte frammentate, il moderatore interrompe quasi sempre la discussione prima che si sia arrivati al punto con una frase di circostanza : « Forse è meglio continuare questo dibattito durante la pausa caffé ». Ma alla pausa caffé si farà tutt’altro, anzi, si farà finalmente quello che i convegni oggi hanno l’unica funzione di fare : networking.
Ma allora perché questo spreco di risorse, i pasti indigesti, le teste che si piegano sul mento, quando oggi, a basso costo, potremmo condividere risorse, discuterle, commentarle, valutarle insieme, fare tutto il lavoro che rende i convegni pesanti, noiosi e costosi per poi invece ritrovarsi leggeri e gravidi di idee per un evento sociale di vera conversazione e condivisione ? Un qualunque blog su WordPress permette di discutere articoli on line, mostrare video, chattare e commentare il lavoro scientifico degli altri. Il filtraggio collaborativo di siti come CiteULike permette di condividere risorse bibliografiche, sapere istantaneamente chi legge gli stessi articoli che stiamo leggendo e costruire comunità di conoscenza nuove, più appropriate e veramente corrispondenti ai nostri interessi. La rivoluzione di Internet è spesso vista come un rischio per la comunicazione scientifica « seria », un’introduzione di troppe voci nel vecchio rituale del consesso degli esperti. Ma se riuscissimo a utilizzare queste risorse per rendere efficiente il sapere, per condividerlo anche nella stretta comunità degli accademici, facendone un uso intelligente, forse questo contribuirebbe anche a cambiare l’immagine di un’accademia vecchia e legata a rituali obsoleti e fare evolvere dolcemente, senza rivoluzioni, le istituzioni ormai esangui del sapere.